Durante questo fine settimana si sono susseguite molteplici notizie riguardo ai Giochi Olimpici di Tokyo, tra dichiarazioni di membri del CIO, delle federazioni nazionali ed internazionali e del governo giapponese. La direzione che si sta prendendo è ormai quella che sembrava un incubo soltanto poche settimane fa, e cioè quella di non tenere i Giochi quest’estate.
È di sabato a notizia che USA SWIMMING, la federnuoto statunitense, ha mosso una richiesta ufficiale al comitato olimpico e paralimpico per posticipare i Giochi. Anche negli U.S.A. gli impianti sportivi sono per la maggior parte chiusi e sono pochissimi gli atleti che stanno continuando la preparazione. Poche ore dopo SWIMMING CANADA ha abbracciato la scelta della “vicina di casa”, accodandosi alla richiesta.
Ad aver innescato questo tipo di richieste, oltre che all’evidente situazione di pericolo e disagio per atleti e tecnici, devono essere state due dichiarazioni: la prima di Hayley Wickenheiser, membro del CIO che ha definito la volontà di procedere con le Olimpiadi “irresponsabile”. La seconda di Kaori Yamaguchi, membro del comitato olimpico giapponese, secondo cui le Olimpiadi andrebbero posticipate perché sarebbe ingiusto organizzare dei Giochi a “porte chiuse” o con pochi atleti e per giunta non preparati al meglio.
Fino alla settimana scorsa il primo ministro Shinzo Abe ha sempre dichiarato di voler mantenere inalterata la data di inizio delle Olimpiadi di Tokyo, ma dopo le ultime notizie sembra essere tornato sui suoi passi; ieri si è tenuta a Ginevra una riunione del CIO proprio per fare il punto della situazione e prima, durante e dopo di essa sono arrivate notizie e “rumors” da tutti i fronti.
In mattinata Sebastian Coe, presidente della Federazione Mondiale di Atletica Leggera, si è sbilanciato dicendo che “I Giochi verranno posticipati, la decisione è imminente”. Nel tardo pomeriggio la stampa spagnola ha più volte dato per certo lo slittamento in una data tra settembre e ottobre, notizia riportata anche dal quotidiano italiano “La Repubblica”.
Ma la vera “bomba” è arrivata in serata, dal Comitato Olimpico Canadese: “il Canada non invierà nessun atleta ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020, se questi non verranno spostati di almeno un anno”. Questo è quello che si legge nel comunicato ufficiale che non vuole essere una “dichiarazione di guerra”, ma più una presa di posizione per salvaguardare non soltanto la salute dei propri atleti ed allenatori, ma quella di tutti. Il Comitato Olimpico Canadese si è anche offerto di aiutare il CIO per arrivare a quanto da loro richiesto.
Questa mattina il Comitato Olimpico Australiano ha tenuto una riunione del consiglio in cui è stato dichiarato all’unanimità che una squadra olimpica australiana non potrà essere formata a causa della situazione sanitaria globale e delle circostanze mutevoli, sia in patria che all’estero.
Dalla riunione del CIO è emerso che i membri si sono dati una finestra temporale di quattro settimane entro la quale verrà presa una decisione sulla sorte delle Olimpiadi, e così il premier giapponese Abe ha dichiarato in parlamento: “È difficile pensare di poter organizzare i Giochi in questo contesto, dobbiamo prendere una decisione che includa la possibilità di un rinvio.”
Resta ora da chiarire se questo rinvio sia una questione di mesi (dai 2 ai 6) oppure di un anno; la seconda ipotesi è quella più auspicata dai Comitati Olimpici Internazionali e dalle Federazioni Mondiali, ma è anche quella di più difficile attuazione per il CIO ed il Comitato Organizzatore Giapponese che molto probabilmente andrebbero incontro a perdite finanziarie enormi e che per questo motivo continuano a prendere tempo, procrastinando decisioni in attesa di un vaccino, di un deus ex machina o di una via di uscita alternativa che salvi i Giochi, senza rischiare la bancarotta.