Mentre in Italia era notte, a Indianapolis si è conclusa la più importante manifestazione di tuffi in stagione per gli Stati Uniti, ovvero le gare di selezione olimpica (in gergo trials) per formare la squadra che tra un mese e mezzo sarà in Giappone per i Giochi di Tokyo 2020.
Gli Stati Uniti fanno parte di quelle nazioni che decidono con una prova secca gli atleti meritevoli di far parte della squadra olimpica, così come l’Australia (ve ne abbiamo parlato pochi giorni fa), il Canada (a cavallo tra giugno e luglio: sarà l’ultima nazione che potrebbe “liberare posti”, e solo in campo femminile) e il Messico, che disputerà le ultime prove tra 24 ore. Altre nazioni tengono conto di più prove, come l’Italia, la Russia, la Cina e l’Ucraina, mentre altre ancora sono soggette alla sola selezione interna, come la Gran Bretagna.
A differenza di altre nazioni, gli Stati Uniti non sovvertono mai i risultati “sul campo” se non in caso di infortuni dell’ultimo minuto, rendendo cruciali (e difficilissimi) i trials. Le selezioni sono molto dure e dipendono sia dal raggiungimento di determinate posizioni all’interno delle eliminatorie di zona, sia dall’acquisizione di determinati punteggi, sia dalla presentazione di un adeguato programma tecnico; questo fa sì che le gare contino mediamente tra i quindici e i venticinque atleti per specialità, ricreando quindi le migliori condizioni rispetto alla prova olimpica, ma che la qualificazione si giochi effettivamente solo tra 5-6 atleti al massimo.
Si disputano solo le gare in cui gli Stati Uniti hanno ottenuto pass olimpici: tutte le prove si tengono su tre turni – eliminatoria, semifinale e finale – con la semifinale che può contare un massimo di 18 atleti e la finale con i migliori 12, proprio come ai Mondiali e alle Olimpiadi. Tuttavia i punteggi ottenuti nei diversi turni si sommano tra loro, premiando così chi è più regolare sulle tre prove e allo stesso tempo permettendo a chi commette un errore di poter provare a recuperare nelle fasi successive. Inoltre, la giuria statunitense è sempre integrata da almeno uno o due giudici stranieri, per garantire trasparenza ed equità.
Per gli atleti qualificati, ma non ancora in grado di competere per il pass olimpico, i trials sono comunque molto importanti: i più giovani possono garantirsi un college migliore, mentre quelli che hanno già terminato gli studi possono mettersi in mostra per eventuali contratti da professionista. I club e le università con atleti ai trials acquisiscono poi prestigio e attraggono di conseguenza finanziamenti e nuovi atleti.
Nessuna sorpresa nel sincro maschile dal trampolino, dove i “titolari” hanno avuto gioco facile, vincendo largamente in tutti e tre gli step: Andrew Capobianco e Mike Hixon saranno quindi una delle otto coppie della finale sincro olimpica, quella in cui saranno presenti anche Giovanni Tocci e Lorenzo Marsaglia. Per Hixon è la seconda partecipazione ai Giochi.
Conferme anche dal sincro femminile dal trampolino, che sarà lo stesso visto a Gwangju: Alison Gibson e Krysta Palmer si sono garantite il pass olimpico già in eliminatoria, vinta con enorme vantaggio sulle avversarie; per entrambe sarà la prima Olimpiade. Saranno una delle otto coppie finaliste, così come Chiara Pellacani ed Elena Bertocchi.
Sono invece Delaney Schnell e Jessica Parratto le piattaformiste della finale sincronizzata olimpica: dopo un’eliminatoria testa a testa con Young-Bromberg, hanno vinto con una ventina di punti di vantaggio le due prove successive, garantendosi il pass olimpico. Per Parratto sarà la seconda Olimpiade consecutiva.
Gli USA non hanno ottenuto il pass nella corrispondente gara maschile, pertanto la gara non si è disputata.
Passiamo alle gare individuali. Nella gara femminile dal trampolino, un po’ a sorpresa, non vedremo la medaglia d’argento della Coppa del Mondo Sarah Bacon, classificatasi soltanto terza alle spalle di Krysta Palmer e della diciottenne Hailey Hernandez. Per la Palmer una grande soddisfazione, visto il suo approcciarsi allo sport dei tuffi in età “tarda”: fino a vent’anni è stata un’ottima ginnasta, ma a seguito di un infortunio le è stato consigliato di passare ai tuffi, e il suo approccio mentale alle gare, unito alla sua notevole forza fisica (è in grado di eseguire il “doppio con doppio” come Abel e Keeney), ha premiato un quinquennio di lavoro.
La doppia qualificazione della Palmer in sincro e individuale “libera” anche un posto nel trampolino femminile, facendo avanzare la classifica della Coppa del Mondo di Tokyo.
Solo tredici i piattaformisti in possesso dei requisiti tecnici, e solo tre quelli davvero in corsa per la squadra olimpica: alla fine però David Dinsmore non è riuscito a gareggiare all’altezza degli altri due se non in finale, perciò vedremo Brandon Loschiavo e Jordan Windle, entrambi all’esordio olimpico, nella gara maschile a Tokyo.
Abbiamo già visto Loschiavo nella finale mondiale di Gwangju, così come Windle (di origini cambogiane, ma cresciuto in America da un padre single) a Kazan’ e a Budapest, e anche all’Universiade di Napoli del 2019.
La finale femminile dalla piattaforma vedeva ben cinque atlete di livello olimpico – poi diventate sei grazie all’exploit di Abigail Knapton, riuscita a sopravanzare anche una tuffatrice esperta come Amy Magana; i due posti sono andati a Katrina Young, alla sua seconda Olimpiade e autrice dei migliori punteggi in eliminatoria e finale, e Delaney Schnell, ventiduenne esordiente a livello olimpico (ma bronzo a Gwangju dietro le cinesi) che “libera” peraltro un posto dalla piattaforma individuale.
Infine, la gara forse più attesa, il trampolino maschile individuale: forse per la presenza di molti atleti che hanno partecipato a Mondiali e Olimpiadi nel recente passato, forse per il ritorno sulle scene di David Boudia, ci si aspettava molto da questa specialità. È stata una serie di gare molto accesa, con la classifica che si è sovvertita spesso nei primi due turni, e alla fine – grazie anche a due ottime gare di finale – sia Tyler Downs, sia Andrew Capobianco sono riusciti a sopravanzare Boudia e a tenere a distanza Mike Hixon e Briadam Herrera. Cinque atleti in soli 24 punti!
Per Downs, 17 anni e una carriera giovanile di altissimo livello (è stato argento a Kyiv nei mondiali giovanili 2018), sono stati dei trials eccellenti – per lui anche il quinto posto dalla piattaforma. Anche per Capobianco sarà la prima Olimpiade, dopo il bronzo nel team event a Gwangju nel 2019; Capobianco “libera” anche un posto nella gara olimpica dal trampolino, essendo qualificato sia nell’individuale che in sincro.
La squadra olimpica USA sarà dunque formata da undici atleti: per le donne, Alison Gibson, Hailey Hernandez, Krysta Palmer, Jessica Parratto, Delaney Schnell e Katrina Young; per gli uomini, Andrew Capobianco, Tyler Downs, Mike Hixon, Brandon Loschiavo e Jordan Windle.
Foto di apertura: I tuffatori statunitensi Mike Hixon e Andrew Capobianco, qualificati ai Giochi di Tokyo 2020 nel sincro trampolino. Foto: USA Diving / Indiana Sports Corp.